Così piazza San Giovanni riempita per un terzo, diventa l’allegoria di un declino, non solo per i numeri, ma anche per gli slogan tristi e ridicoli, per l’esibizione di un penoso fascismo borgataro, per l’incapacità del Cavaliere di dire qualcosa di nuovo oltre alle solite solfe delle toghe rosse e dell’elezione diretta di se stesso. Roba che va avanti dagli anni ’90, dal secolo scorso. Le ossessioni alla lunga stancano anche i fedeli e possono tenere assieme solo i clienti di un sistema e le comparse pagate per 100 euro o per una gita.
Il flop di ieri è uno snodo importante di cui bisogna cogliere opportunità e pericoli. Di cui occorre penetrare la psicologia e i retroscena. Non lo si può tradurre da subito in termini elettorali, sarebbe un errore, ma nemmeno lo si può sottovalutare come un infortunio: è un giro di boa.
Le opportunità sono complicate, ma ovvie, anche se non sono sicuro che le opposizioni saranno sempre in grado di coglierle e di sfruttarle. Ma i pericoli non sono da poco: derivano dalla solitudine stessa del Cavaliere che lo lascia in balia del peggio di sé, ma anche in balia degli altri azionisti dell’Italia targata Silvio, quelli dietro le quinte, che controllano affari e voti, quelle ombre insolute e inquietanti che da sempre seguono e inseguono Berlusconi. prima ancora della discesa in campo.
Ora possono aumentare la posta, chiedere di più e spingere l’uomo ad avventure disperate, a metterlo di fronte al un bivio: o rimanere al potere in qualunque modo o rischiare tutto.
Spero solo che accada come con gli incubi: quando diventano insopportabili di solito ci si sveglia.