Il bavaglio messo all’informazione con il pretesto della par condicio è in fondo un atto di grande coerenza: l’idea di vietare l’ informazione in campagna elettorale, quando cioè ce ne sarebbe più bisogno, è un capolavoro di assurdità, un tratto di grottesco che pervade ciò che rimane della democrazia. Ed è tuttavia l’approdo naturale del berlusconismo.

Proprio in questo pozzo oscuro e ottuso, si congiungono tutti i fili che tessono la tela del Cavaliere, le sue ascendenze e la sua mentalità. Il vecchio fastidio democristiano verso la libertà di informazione a sua volta derivato dalla idiosincrasia chiesastica verso il pensiero non “guidato”. La necessità di controllare le notizie tipica dell’era craxiana, sostanziatosi nella lottizzazione selvaggia e nella santa alleanza con le tv commerciali. E infine la tendenza tipica del Cavaliere a pensarsi come un amministratore delegato e a crearsi una corte di famigli disponibili a qualsiasi servizio e in particolare alla menzogna, anche la più scoperta e clamorosa come vediamo in questi giorni.

Si certo le amministrative cadono in un periodo in cui il castello di carte del fare è investito dal soffio degli scandali, si scopre per quello che è: una commedia, uno spettacolo televisivo. Quindi fa molto comodo mettere un bavaglio non tanto alle opinioni, quanto ai fatti stessi perché, nonostante la rassegnazione e l’immobilità degli italiani, immersi in un’ assurda calma prima del temporale, non è detto affatto che i voti possano prendere la via della gita fuori porta.

Insomma cacio sui maccheroni perché la realtà riesce a penetrare anche attraverso un sostanziale monopolio dell’informazione. Non basta più il travisamento e nemmeno sono sufficienti le bugie, Però sarebbe un errore pensare che si tratti di un provvedimento estemporaneo: nasce da una situazione di emergenza, ma ha radici diffuse e antiche, ancora vitali che possono attecchire se non si sta molto attenti. E questo Berlusconi lo sa benissimo: proprio quelle hanno frenato il centro sinistra nel cercare di mettere fine al conflitto di interessi. E nessuno mi toglie dalla testa che piuttosto di una grande e incontrollabile libertà, si è preferito sopportare una situazione di monopolio.

Comunque sia,  forse si potrà disfare la tela del berlusconismo, ma se non si recideranno i lunghi fili che vengono dal passato, che serpeggiano nella storia nazionale, rischieremo sempre il soffocamento.