Il primo marzo questo Paese immerso in un sogno febbrile, dovrà affrontare una botta di realtà. Lo sciopero dei lavoratori stranieri sarà come una rivelazione, come lo schiocco delle dita per un ipnotizzato: quella che una significativa parte della nostra economia è ormai fatta dai migranti. In poche ore gli alibi, i silenzi, le teorie, i discorsi attraverso i quali abbiamo evitato il problema, si accattorceranno come foglie secche. Il tentativo di affrontare un fenomeno epocale come se fosse un problema di ordine pubblico, i cattivi suggerimenti della paura avranno fatto il loro tempo. E diventerà chiaro che l’immigrazione non può essere gestita né attraverso il cinismo dello sfruttamento, ma nemmeno con gli strumenti del buon cuore e della tolleranza. Tutto è molto più complesso e implica il futuro italiano, l’evoluzione delle strutture sociali, delle pensioni, della produttività, dei contratti di lavoro: insomma di tutto quello che concerne la nostra vita. E in questo senso gli immigrati saranno davvero in grado di salvare il Paese da se stesso.
Naturalmente a questa Italia del 1° marzo che dovrà finalmente affrontare la maturità, se ne contrapporrà un’altra che chiede di non aprire gli occhi, di sguazzare nella piscina inquinata come se fosse il mare. L’Italia che sogna gli anni ’80, che commemora, che ha trovato in una continua e ossessiva cancellazione del reale la sua strada maestra, il suo illusionismo. Insomma l’Italia del 1° aprile.