Durante la seconda presidenza Bush, il trust di cervelli ultraliberisti che teneva a balia il presidente, elaborò un piano per dare una vigorosa mano ai ricchissimi: una tassazione ridotta e ad aliquota unica il cui gettito ridotto avrebbe dovuto essere compensato dall’aumento delle tassazioni indirette, cioè quelle che, come l’Iva e altre imposte, colpiscono tutti in egual misura, a prescindere dal reddito. Questa idea, nipote della famosa curva di Laffer, lo snodo illusionistico che diede avvio al megadeficit statunitense e in ultima analisi alla decadenza economica del Paese, non aveva ovviamente nulla di democratico, anzi contrastava con le radici stesse della democrazia economica. Non solo, ma come si è abbondantemente dimostrato, sarebbe stato un pessimo affare perché avrebbe favorito una piccola percentuale di persone già ricche, deprimendo i consumi delle classi medie e popolari. Insomma un piano ingiusto e allo stesso tempo catastrofico. Infatti, non se ne fece nulla, rimase tra la collezione di incubi di un presidente che concepiva l’economia come affarismo spregiudicato e spesso truffaldino, due componenti sostitutive dell’intelligenza.

L’idea però non è morta, è stata solo in sonno, ha attraversato l’Atlantico come un’anguilla che nuota nei fanghi melmosi ed è riapparsa alla corte di uno degli amiconi dell’ex presidente americano. E’ ricomparsa in un Paese disastrato da un debito pubblico inclemente e da un inarrestabile degrado dei conti dello Stato. E dove le disuguaglianze di reddito sono tra le più vistose dell’Occidente. Se non lo sapete si tratta purtroppo del nostro Paese. Non si parla di aliquota unica, forse nel timore di bocciature costituzionali, ma di due sole aliquote, la prima quella per i redditi più bassi, appena ritoccata e portatrice di pochi spiccioli, la seconda, quella riguardante i redditi di meno del 15% della popolazione, sforbiciata con grande generosità e portatrice di cospicui risparmi per i più ricchi.
Questo naturalmente implicherà una diminuzione del gettito fiscale, già in caduta libera, che dovrà essere compensato con tassazioni indirette, contestualmente prefigurate dal ministro dell’economia Tremonti.il quale ha messo le mani avanti, parlando di ritocchi sull’Iva. Il risultato finale sarà quello di azzerare qualsiasi vantaggio per la parte più povera, anzi di stangarla ulteriormente e di liberare risorse invece per i redditi più consistenti, vale a dire per quelli che  non hanno significativamente ridotto i propri consumi. Aspettarsi un rilancio del mercato interno è dunque una pura follia, tanto più che una simile riforma lascia del tutto intatte ragioni e propensioni all’evasione fiscale. Ci saranno solo maggiori differenze e meno democrazia, perché la tassazione più che al reddito sarà proporzionale, ai consumi, compresi quelli incomprimibili. Insomma verranno presi due piccioni con una fava nel cammino verso la distruzione della convivenza civile.
Non siamo di fronte a un progetto di diminuzione generalizzato delle tasse, ma un progetto politico che va molto oltre la questione delle aliquote, al nostro triste medioevo prossimo venturo.