772730-U202544327848KmB--835x437@IlSole24Ore-WebLe cronache del regime bancario non ve lo diranno, ma qualche giorno fa Mario Draghi si è trovato a dover difendere il proprio operato davanti al Parlamento irlandese dove è stato accusato di aver imposto diktat ai governi europei e mandato lettere di ricatto e richieste di riscatto agli stessi. A Dublino il capo di accusa maggiore (ma questo vale per tutto il continente)  è stato di aver accollato allo Stato irlandese le perdite subite dalle banche private  a causa delle loro speculazioni, impedendo che fossero i banchieri  a pagare per le loro azioni. Certo di fronte a questa gragnuola di critiche feroci l’uomo ha perso la consueta tracotanza comunicativa di quando è tra la piccola folla di giornalisti e politicanti “amici”, ma è riuscito lo stesso a conservare la faccia tosta, questa volta non per cacciare l’ennesima balla stratosferica, ma per annettere una briciola di verità: “i consigli dati all’Irlanda non erano interamente sbagliati”. Ora a parte che la parola consiglio ha lo stesso valore che sulla bocca di don Vito Corleone, c’è l’ammissione di aver compiuto comunque degli errori, anzi errori per la maggior parte dei casi.

Per quanto riguarda questi consigli “non interamente sbagliati” all’Italia sono costati qualcosa come 300 miliardi di Pil fino ad ora, ma arriveranno al doppio quando la Bce taglierà il quantitative easing nel bel mezzo di un raffreddamento mondiale dell’economia già in atto e tra l’altro in grado di innescare un nuovo crollo nel casinò finanziario . Ma del resto non è la stessa Ue che commina multe alla spesa pubblica che potrebbe rivelarsi invece vitale in un momento del genere? In ogni modo l’ammissione di errori mette in luce un meccanismo rivolto esclusivamente alla salvaguardia delle banche e degli ambienti finanziari, dando loro in pasto interi Paesi, talvolta accreditandosene la gestione politica diretta come per esempio è accaduto con Monti. Una cosa proprio da Draghi  che nella incessante spola tra pubblico e privato aveva già inferto al nostro Paese un colpo gravissimo svendendo per quattro soldi alla Goldman Sachs l’immenso patrimonio immobiliare dellEni, cosa che gli valse la vicepresidenza del gruppo finanziario. Chissà, magari si potrebbe dire che quell’operazione non fu interamente sbagliata, ma è del tutto evidente che esiste una mafia bancaria che si spalleggia a vicenda nei suoi ricatti: Draghi chiama Visco e questi risponde, caso unico nella storia delle banche centrali, dicendo che l’Italia sarebbe sull’ orlo dell’insolvenza. cosa tra l’altro abbastanza ridicola perché lo stesso Visco  pour epater le bourgeois pidininen et berlusconien dice che l’aumento dello spread ci costerà un miliardo e mezzo l’anno che in definitiva è solo l’1 per cento del pil, In più quasi un miliardo è detenuto di fatto in Italia e dunque l’ esposizione effettiva è semmai di mezzo miliardo.

Rimane ancora da capire perché da Monti in poi non si sia ridotta in maniera drastica l’emissione di titoli di stato a 10 anni, periodo divenuto peraltro incongruo rispetto alla velocità dell’economia, quelli appunto su cui si misura lo spread e di fatto territorio di caccia da parte di non più di una trentina di grandi speculatori internazionali che nella narrazione comunicativa vanno sotto il nome di “mercato”. E’ stato fatto appositamente per mantenere affilata l’arma dello spread e del ricatto oppure questo rientra in quelle cose che vengono definite  non interamente sbagliate? Sono tra l’altro operazioni politicamente inaccettabili, eticamente vergognose e  completamente illegali visto che l’unico compito della Bce sarebbe quello di mantenere l’inflazione al 2%, cosa che tra l’altro non è riuscita a fare. Ora c’è la concreta possibilità che Draghi – la cui prima operazione appena arrivato alla testa della Bce dal 1* novembre del 2011, è stata  il governo Monti, entrato in carica appena 15 giorni dopo – una volta esaurito l’incarico alla Bce ( 31 ottobre del 2019) diventi un leader politico alla testa delle falangi piddine e berlusconiane oltre che leghiste e alla testa di un Parlamento che invece di chiedergli conto degli errori e dei ricatti come  accaduto a Dublino, gli stenderà il tappeto rosso. Un destino peraltro che ci siamo ben meritati.