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Sari rosa, la democrazia da importare

1Anna Lombroso per il Simplicissimus

Qualche giorno a proposito del viaggio premio in Italia di quelli che definivano i “nostri” marò, alcuni improvvisati patrioti del web si sono esercitati in uno di quei poco provvidenziali confronti tra democrazie, insinuando dubbi sullo stato di diritto indiano inadeguato a giudicare i nostri connazionali, peraltro gratificati in patria da accoglienze trionfali di presidenti e fan. Ma come? dicevano apostrofandomi, ti fideresti di un paese misogino, dove le donne sono discriminate nel lavoro e in famiglia, dove lo stupro è punito con un massimo di dieci anni, dove vigono infami disuguaglianze con una miseria sempre più diffusa e ricchezze sibaritiche, dove c’è una criminalità organizzata che ha infiltrato i gangli vitali dell’economia e della società, favorita da una cattiva politica corrotta, clientelare e familista e dalla presenza di caste inviolabili.

Ci sarebbe da ridere a leggere questa fredda e analitica diagnosi dei mali di un Paese lontano, che tra le righe dei commenti, veniva accusato di conservazione arcaica di differenze sociali, di inciviltà e di una democrazia incompleta e instabile, denunciata anche dalla condizione delle donne. Intanto l’India è paralizzata dalle manifestazioni per la morte della ragazza violentata, mentre da noi, civilissimi adepti del marò pensiero, i femminicidi e le violenze palesi o segrete, trovano spazio solo per l’esercizio di indignazione letteraria.

Ci sarebbe da ridere se proprio in quello stesso giorno un prete della chiesa di Roma non avesse accusato le vittime di femminicidio di provocare gli assassini con comportamenti ed atteggiamenti esuberanti.
Ci sarebbe da ridere se da noi le caste fossero una ormai consunta invenzione mediatica.
Ci sarebbe da ridere se i film di Bollywood per rappresentare i malavitosi non cercassero attori con facce e accenti da italiani.
Ci sarebbe da ridere se la nostra “esportazione” di democrazia che avviene tramite cacciabombardieri che sparano, sia pure con un’ accertata inefficienza, non avesse platealmente bisogno di lezioni.

Ci sarebbe da ridere se la discriminazione delle donne da noi non fosse solo un fenomeno culturale, ma passasse soprattutto attraverso politiche di sfruttamento ed emarginazioni, promosse con particolare virulenza da una donna al governo che penalizzando il lavoro di tutti, lo ha reso ancora più impervio precario e inaccessibile alle donne.
Ci sarebbe da ridere se i governi che si sono succeduti non avessero potuto impunemente cancellare lo stato sociale, che tanto si poteva sempre contare sullo spirito di sacrificio delle mogli, delle figlie, delle sorelle, delle madri, accusate peraltro di essere oppressive e arcaiche.
Ci sarebbe da ridere se non avessimo coniato un orrendo neologismo per definire lo stillicidio di donne ammazzate da mariti e amanti che, nello spirito del tempo, considerano i corpi una merce da possedere o conferire in discarica a proprio piacimento.
Ci sarebbe da ridere se da noi ci fosse non Se non ora quando, che va in piazza una volta nella vita contro un vecchio satrapo ridicolo, trascurando le infamie in doppio petto, ma ci fosse invece Sari Rosa, un movimento che organizza l’insurrezione delle donne insieme agli uomini contro stupri e sopraffazioni che colpiscono bambine giovani donne e anziane vilipese, ferendo così tutto il sistema sociale, impoverendo la democrazia che è di tutti, avvilendo la dignità maschile e femminile, cancellando i diritti fondamentali che non dovrebbero avere confini né geografie, se non quelle di tutto il mondo con uguale potenza.
Si pare proprio che aiuti umanitari, lezioni di democrazia, ribellione ai soprusi li dobbiamo importare se da noi non nascono da soli.

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