C’è qualcosa che mi sfugge. O che forse sfugge al governo. O che probabilmente sfugge alla logica e alla ragione. Mettiamo in fila gli avvenimenti e ci accorgiamo che le cose non funzionano, che dentro c’è un accavallarsi di ideologie e di interessi, di teoria e di illusioni, di insensibilità sociale e di quella incompetenza al bene comune di cui la borghesia italiana si è sempre distinta.

1) Il 24 novembre scorso Monti, Sarkozy e Merkel s’incontrano per discutere della situazione , degli eurobond e del ruolo della Bce. Il presidente francese è favorevole sia ai titoli europei che a una massiccia azione della banca europea nella questione del debito. Si aspetta che Monti gli sia alleato, ma con sorpresa e grande disappunto (espresso pare con un lessico vigoroso ai propri collaboratori) si accorge che invece il premier italiano è del tutto appiattito sulle posizioni rigide della Germania.

2) Le settimane seguenti sono scandite dalla manovra lacrime e sangue, recessiva e di una iniquità senza precedenti alla quale si tenta di rimediare non solo recitando il mantra dell’equità sgranato come un rosario fasullo, ma con alcune sceneggiate come quella di Cortina. Tipo anche i ricchi piangono, telenovela in una sola puntata, visto che di accordi con la Svizzera non si parla e che la legislazione in merito rimane quella pro evasione di prima.

3) Mentre si delineano le linee del “cresci Italia” che poi si riducono a qualche liberalizzazione marginale, all’attacco dei diritti del lavoro, alle ichinate e alle privatizzazioni, insomma ai totem e tabù del neoliberismo applicate proprio in questi anni con pessimi risultati, gli indicatori economici non migliorano, anzi tendono a peggiorare, dimostrando che i mercati non credono affatto alla manovra.

4) Con l’arrivo della Befana, Monti sembra scoprire che le sue ricette sono fallite, gli spread sono ormai in libera uscita e che senza  una nuova filosofia di azione europea l’Italia non va da nessuna parte , anzi si avvicina ancora di più al baratro. Così quaranta giorni dopo aver causato un accesso di ira a Sarkozy torna sui suoi passi e cerca di far fronte comune con la Francia per addolcire le richieste tedesche.

Ora come interpretare questa linea ondivaga e inefficace che alla fine smentisce i principi stessi da cui è partita? Certo la cosa più semplice è spiegarla con la mediocrità dei protagonisti, con la loro fuoriuscita dalle teorizzazioni astratte e da un ideologismo tanto più intransigente quanto più fa l’ammaina bandiera di fronte agli interessi di appartenenza (vedi battaglia contro la Microsoft e invece il via libera a mezzo miliardo di aiuti pubblici alla Fiat). Aggiunta, naturalmente all’assenza di politica. E può darsi che questa sia una chiave di lettura comunque valida.

Ma rimango convinto che ci siano due altre spiegazioni più profonde, forse distinte, anche se in qualche modo collegate. La prima è che fin da subito ci si sia resi conto che dopo vent’anni di declino economico e di sprechi assurdi, la situazione non fosse risolubile se non con un default di fatto, cioè con il ritorno alla lira che permetterebbe di far ricadere tutta la sua svalutazione sul debito e ridare fiato a un sistema economico rimasto fermo alle logiche dei due blocchi. La seconda è che una classe dirigente impigrita e nel suo complesso incapace quando non cialtrona, abbia preso a pretesto la crisi del debito per regolare i conti attraverso i suoi diretti rappresentanti e sistemare la situazione prima che la crisi possa sfociare in eventi e movimenti non più controllabili e guidabili.

Naturalmente tutto questo potrebbe essere un capitolo di fantapolitica. Ma scommetto che il romanzo sarà presto in libreria.